LEE JUNG-JAE

Nome in coreano: 이정재
Data di nascita: 15/12/1972
Genere: Uomo
Biografia
Classe 1972, LEE Jung-jae ha debuttato nel 1993 nella serie “Dinosaur Teacher”. L’anno successivo il suo debutto sul grande schermo nel film
Presentazione Critica
“Squid Game”, serie tv diretta nel 2021 da Hwang Dong-hyuk, è entrata lo scorso autunno nell’immaginario collettivo come una novità ma anche come la conferma dell’interesse che l’entertainment di tutto il mondo mostra per l’universo cinematografico e televisivo sud-coreano. Il volto e insieme lo spirito di questa rivoluzione è quello di Lee Jung-jae, interprete cinematografico dalla carriera fondata su una professionalità rigorosa che lo ha portato a scegliere ruoli coraggiosi e anticonformisti.
Nel ruolo dell’incallito scommettitore costretto a prestarsi alla rappresentazione di giochi infantili in cui chi sbaglia muore, Lee Jung-jae ha fatto vibrare corde molto sensibili come uomo non risolto, candido e vulnerabile. Ma questo, come tutti i grandi successi, non è casuale bensì frutto di una molteplicità di ruoli che hanno segnato, più che in altre carriere, una evoluzione professionale e umana.
È il 1994 quando Lee Jung-jae dalla moda e da qualche apparizione in tv approda al cinema con il film “The Young Man”. La storia è quella di un ragazzo che tenta di farsi strada nel mondo dello spettacolo, un romanzo di formazione sulle ambizioni sbagliate e i loro rischi e quel giovanissimo interprete mostra qualcosa che avrebbe contraddistinto i ruoli nei successivi 20 anni, e cioè la capacità di mimetizzarsi completamente in un personaggio, dargli un’impronta originale. L’occasione di canalizzare tutta la sua energia arriva nel 1998 col film “City of the Rising Sun” in cui Lee Jung-jae, insieme all’amico Jung Woo-sung, dà vita a un film energico e vitale in cui la costruzione narrativa, al cui centro stanno due ragazzi senza prospettive che finiscono sempre per trovarsi in situazioni estreme, corre perfettamente di pari passo con un’interpretazione formidabile fatta di verve, carisma e prestanza fisica. La indubbia bellezza e il fascino, che ricorda quello degli attori dell’epoca d’oro di Hollywood, insieme a una magnetica impressione di gentilezza, fanno sì che i ruoli in film romantici non tardino ad arrivare. In “An Affair” (1998, prima collaborazione col regista E J-Yong) Lee Jung-jae veste i panni di un ragazzo bello e malinconico che diviene l’interesse sentimentale della matura cognata, mentre nel cult “Il Mare” si ritroverà perdutamente innamorato e disposto a tutto per una ragazza che vive in un’altra dimensione temporale. Con “Asako in Ruby Shoes” (2000), in cui è nuovamente diretto da E J-Yong, assistiamo a una sconvolgente metamorfosi: con il personaggio del timido e sessualmente represso U-in, Lee Jung-jae dà una delle prime prove della capacità di cambiare completamente la sua immagine e, spogliatosi del carisma e della sensualità che avevano caratterizzato pressoché tutte le precedenti interpretazioni entra nel nuovo millennio e in una nuova fase della sua carriera. Dopo il tormentato poliziotto sotto copertura nel noir “New World” (2013) lo stesso anno è la volta dell’affresco storico “The Face Reader” in cui, in opposizione al protagonista Song Kang-Ho, Lee Jung-jae è il feroce principe Sooyang, un vero e proprio villain shakespeariano. L’ambiguità ritorna interpretando un enigmatico agente segreto nello spy movie di impianto corale “Assassination” (2015), per allentarsi in “Svaha: The Sixth Finger” con il ruolo di un uomo di fede.
Con il film precedente all’uscita di “Squid Game” Lee Jung-jae sorprende di nuovo: il sadico killer Ray è un personaggio eccentrico nato paradossalmente lavorando per sottrazione. Nessun tormento interiore, nessun eccesso, solo una fredda e spietata crudeltà e una impeccabile padronanza delle scene d’azione più cruente, rese ancora più macabre dall’abbigliamento eccentrico; una delle creazioni più incredibile nella carriera di Lee Jung-jaen che fa il suo ingresso nella cultura di massa, rinnovando ancora l’immagine, con “Squid Game”. Il giocatore Seong Gi-Hun da subito colpisce gli spettatori portandoli a mettere in atto un meccanismo identificatorio con un personaggio in una situazione distopica e paradossale. Quello che succederà d’ora in avanti, nella terza fase della vita artistica di un attore che dopo essersi guadagnato la più alta stima da parte del pubblico nel suo paese d’origine ha consegnato uno dei suoi ruoli più importanti al mondo, è qualcosa per chi segue con passione il cinema coreano, da attendere con fiducia e con orgoglio.
Di Caterina Liverani