LEE JUNG-JAE

Nome in coreano: 이정재

Professione: Attore

Data di nascita: 15/12/1972

Genere: Uomo

Biografia

Classe 1972, LEE Jung-jae ha debuttato nel 1993 nella serie “Dinosaur Teacher”. L’anno successivo il suo debutto sul grande schermo nel film (1994) gli fa ottenere molti consensi e riconoscimenti come attore esordiente che arrivano dalle tre cerimonie di premiazione più prestigiose in Corea (Blue Dragon Film Awards, Baeksang Arts Awards e Grand Bell Awards). Il film d'azione drammatico “City of the Rising Sun” (1999) ha segnato il suo primo ruolo da protagonista nel cinema e ne ha fatto uno dei giovani attori più richiesti. I successivi “Oh! Brothers” (2003) e “Typhoon” (2005) hanno fatto registrare rispettivamente 3,1 e 4,1 milioni di spettatori al botteghino. Dopo una breve incursione sugli schermi televisivi, è tornato a dedicarsi al cinema con il personaggio di un fedifrago impenitente che intreccia una relazione con la cameriera in “The Housemaid” (2010). Una ulteriore conferma della sua immagine sempre nuova e carismatica emerge dalla partecipazione alle pellicole “The Thieves”, dalla saga di gangster “New World” e con il suo ruolo di co-protagonista nel sontuoso film d'epoca “The Face Reader”. Nel 2014 interpreta un combattente di arti marziali costretto a partecipare a un pericoloso game show nel film “Big Match”. Diretto dal regista CHOI Dong-hoon, l'estate successiva è nel thriller d'epoca “Assassination” (2015), insieme a Ha Jung-woo e Jeon Ji-hyun. Dopo la parte nel film di guerra “Operazione Chromite” (2016) al fianco di Liam Neeson, ha incarnato il Re degli Inferi nell'epopea fantasy “Along with the Gods: The Two Worlds” (2017) e nel suo seguito. Il successivo ruolo è stato quello di un pastore che indaga su un culto misterioso nel thriller dell’occulto “SVAHA: IL SESTO DITO” (2019). Nel 2020, ha recitato al fianco di Hwang Jung-min in “DELIVER US FROM EVIL” il film più visto in Corea durante la pandemia di Covid-19, attirando oltre 4 milioni di spettatori nelle sale. Nel 2021 è il protagonista della serie Netflix dal successo planetario “Squid Game”.

Presentazione Critica

“Squid Game”, serie tv diretta nel 2021 da Hwang Dong-hyuk, è entrata lo scorso autunno nell’immaginario collettivo come una novità ma anche come la conferma dell’interesse che l’entertainment di tutto il mondo mostra per l’universo cinematografico e televisivo sud-coreano. Il volto e insieme lo spirito di questa rivoluzione è quello di Lee Jung-jae, interprete cinematografico dalla carriera fondata su una professionalità rigorosa che lo ha portato a scegliere ruoli coraggiosi e anticonformisti.
Nel ruolo dell’incallito scommettitore costretto a prestarsi alla rappresentazione di giochi infantili in cui chi sbaglia muore, Lee Jung-jae ha fatto vibrare corde molto sensibili come uomo non risolto, candido e vulnerabile. Ma questo, come tutti i grandi successi, non è casuale bensì frutto di una molteplicità di ruoli che hanno segnato, più che in altre carriere, una evoluzione professionale e umana.
È il 1994 quando Lee Jung-jae dalla moda e da qualche apparizione in tv approda al cinema con il film “The Young Man”. La storia è quella di un ragazzo che tenta di farsi strada nel mondo dello spettacolo, un romanzo di formazione sulle ambizioni sbagliate e i loro rischi e quel giovanissimo interprete mostra qualcosa che avrebbe contraddistinto i ruoli nei successivi 20 anni, e cioè la capacità di mimetizzarsi completamente in un personaggio, dargli un’impronta originale. L’occasione di canalizzare tutta la sua energia arriva nel 1998 col film “City of the Rising Sun” in cui Lee Jung-jae, insieme all’amico Jung Woo-sung, dà vita a un film energico e vitale in cui la costruzione narrativa, al cui centro stanno due ragazzi senza prospettive che finiscono sempre per trovarsi in situazioni estreme, corre perfettamente di pari passo con un’interpretazione formidabile fatta di verve, carisma e prestanza fisica. La indubbia bellezza e il fascino, che ricorda quello degli attori dell’epoca d’oro di Hollywood, insieme a una magnetica impressione di gentilezza, fanno sì che i ruoli in film romantici non tardino ad arrivare. In “An Affair” (1998, prima collaborazione col regista E J-Yong) Lee Jung-jae veste i panni di un ragazzo bello e malinconico che diviene l’interesse sentimentale della matura cognata, mentre nel cult “Il Mare” si ritroverà perdutamente innamorato e disposto a tutto per una ragazza che vive in un’altra dimensione temporale. Con “Asako in Ruby Shoes” (2000), in cui è nuovamente diretto da E J-Yong, assistiamo a una sconvolgente metamorfosi: con il personaggio del timido e sessualmente represso U-in, Lee Jung-jae dà una delle prime prove della capacità di cambiare completamente la sua immagine e, spogliatosi del carisma e della sensualità che avevano caratterizzato pressoché tutte le precedenti interpretazioni entra nel nuovo millennio e in una nuova fase della sua carriera. Dopo il tormentato poliziotto sotto copertura nel noir “New World” (2013) lo stesso anno è la volta dell’affresco storico “The Face Reader” in cui, in opposizione al protagonista Song Kang-Ho, Lee Jung-jae è il feroce principe Sooyang, un vero e proprio villain shakespeariano. L’ambiguità ritorna interpretando un enigmatico agente segreto nello spy movie di impianto corale “Assassination” (2015), per allentarsi in “Svaha: The Sixth Finger” con il ruolo di un uomo di fede.
Con il film precedente all’uscita di “Squid Game” Lee Jung-jae sorprende di nuovo: il sadico killer Ray è un personaggio eccentrico nato paradossalmente lavorando per sottrazione. Nessun tormento interiore, nessun eccesso, solo una fredda e spietata crudeltà e una impeccabile padronanza delle scene d’azione più cruente, rese ancora più macabre dall’abbigliamento eccentrico; una delle creazioni più incredibile nella carriera di Lee Jung-jaen che fa il suo ingresso nella cultura di massa, rinnovando ancora l’immagine, con “Squid Game”. Il giocatore Seong Gi-Hun da subito colpisce gli spettatori portandoli a mettere in atto un meccanismo identificatorio con un personaggio in una situazione distopica e paradossale. Quello che succederà d’ora in avanti, nella terza fase della vita artistica di un attore che dopo essersi guadagnato la più alta stima da parte del pubblico nel suo paese d’origine ha consegnato uno dei suoi ruoli più importanti al mondo, è qualcosa per chi segue con passione il cinema coreano, da attendere con fiducia e con orgoglio.

Di Caterina Liverani