BAD GUY

Titolo Coreano:

나쁜 남자

Pronuncia Originale:

Na-bbeun Nam-ja

Titolo Italiano:

Un Tipo Cattivo

Regista:

Anno:

2002

Durata:

100 Min

Nazione:

Corea del Sud

Formato:

35mm

Tipologia:

Colore:

Colore

Lingua:

Coreano

Sottotitoli:

Italiano, Inglese

Distribuzione Internazionale:

Edizione Festival:

,

Sezione Festival:

Rassegna/Retrospettiva:

Sinossi:

Un giorno Han-ki, boss della malvita del quartiere a luci rosse, incontra per caso per la strada una studentessa delle scuole superiori di nome Dun-hwa. Han-ki ne è immediatamente attratto e tenta un approccio, ma la ragazza gli da un’occhiata disgustata e tenta di andarsene, se non fosse che il gangster la aggedisce e costringe la ragazza a baciarlo. Han-ki progetta di avviare la ragazza alla prostituzione: dopo averla fatta prigioniera in una stanza, Han-ki trascorre le sue notti a spiare, da una finestra nascosta, la sua vittima…

Recensione Film:

Ecco qui i tuoi fiori
belli e misteriosi
con un non so che di strano,

e per questo io
li ho messi in un vaso
a forma di corpo umano.

Sono.... sono....
i tuoi fiori
i tuoi fiori
fiori per me

Quando li guardo, sai,
mi sembra che parlino,
ma so che è una follia
o forse era un sogno in cui
dicevano:

“non andare
non andare
non andare via”
Ha un effetto straniante sentire una canzone cantata in italiano in uno dei momenti più emozionanti di Bad Guy di Kim Ki-duk. La voce è quella di Etta Scollo, cantautrice siciliana stabilitasi da tempo in Germania, che, roca e suadente ad un tempo, svetta sul tappeto sonoro di chitarra e violoncello, piano e contrabbasso.
La sequenza, quella in cui Han-gi conduce Sun-hwa sulla spiaggia: una donna vestita di rosso sta accosciata sulla rena e guarda il mare. D’un tratto si alza e si dirige verso la battigia. Sun-hwa prende il suo posto, e accosciata sulla sabbia guarda la donna scomparire tra i flutti. Ma quella donna è scomparsa da tempo, e di lei nella vita di Han-gi rimangono solo due foto, che rimarranno a lungo senza volto.
E’ solo uno dei momenti in cui la stabilità e la linearità della narrazione crollano, un momento di collasso delle categorie del prima e del dopo, dei nessi di causa ed effetto: Kim ki-duk mette in scena diversi piani di realtà, mescolando il ricordo con il sogno, il desiderio con la realtà.
Poco importa allora ricostruire il filo del racconto, che vede Han-gi, “bad guy” silenzioso e poco socievole, tessere intorno a Sun-hwa una tela che la porterà a prostituirsi sotto i suoi occhi. Perché in Bad Guy (ma l’osservazione vale per tutto il cinema di Kim) non hanno importanza le ragioni psicologiche dei personaggi o la coerenza degli avvenimenti che, in quanto tali, semplicemente accadono.
La macchina da presa di Kim Ki-duk filma senza apparentemente sforzarsi di dare un senso a ciò che riprende, come se esistesse una ragione profonda di tutto ciò che accade, una ragione che lo spettatore può cogliere solo su un piano diverso da quello della razionalità.
Ciò detto, è immediatamente evidente la ragione per la quale il cinema di Kim mette a disagio: la messa in scena di una realtà incomprensibile, pur nella sua evidenza fenomenica, introduce nel racconto elementi di instabilità non facilmente digeribili; e anche i personaggi di Bad Guy, come d’altronde quelli dei film precedenti, disperatamente fragili e violenti come sono, risultano inclassificabili nelle categorie tradizionali di bene e male, di bello e brutto: mettono in discussione i limiti di classe e di genere, i concetti di normalità e anormalità, ordine e disordine, così come il modo di raccontare di Kim conduce a una poco rassicurante perdita delle coordinate e dei punti di riferimento.
Il cinema di Kim Ki-duk è anche un cinema crudele. Ma non di una crudeltà spettacolare e compiaciuta: la crudeltà del suo cinema è innanzi tutto lo specchio di un’aspirazione mai sopita a trovare un senso alla crudeltà di ciò che gli/ci sta intorno. Ecco che allora la relazione masochistica fra Han-gi e Sun-hwa si riscatta proprio nella tensione che innerva tutta la vicenda a ritrovare le tracce della via che può condurre i personaggio a uno stato superiore a quello della contaminazione con una realtà insostenibile, distruttiva e violenta.
Bad Guy è innanzitutto è un grido disperato, e al tempo stesso un tentativo titanico di trasformare la difficoltà in possibilità, l’angoscia in pacificazione, la crudeltà in amore.

Insieme a The Isle, Bad Guy è l'altro grande capolavoro del primo Kim Ki-duk, perché al pari dell'altro è un film-mondo, quello in cui l'autore coreano raggiunge il massimo della propria capacità di espressione di una poetica, di uno stile, di una visione del cinema. C'è il rapporto tra sessi intenso come prevaricazione, come violenza fisica, ma anche come ferita, tanto orrenda quanto necessaria, per arrivare a una forma di sincero amore. C'è un spazio che diventa prigione, in cui si può entrare solo a patto di non poterne più uscire, in un destino di perdizione che però, ancora una volta, è l'unica porta verso il sublime. C'è un passato da doversi lasciare alle spalle, per poter tentare di ricostruirsi una vita, dopo aver preso coscienza della propria “mancanza”. E ci sono infine due personaggi indimenticabili, Han-ki e Sun-hwa, uniti da un destino di comune condanna che nessuno dei due avrebbe voluto, ma che entrambi si trovano, nonostante tutto, a dover condividere, in una storia che trasuda disperato romanticismo da ogni inquadratura.
Marco Luceri