Sinossi:
Eun-young è una giovane donna dalla bellezza fuori dal comune. Quando siede sola al tavolo di una caffetteria, delle liceali la prendono per un’attrice e le chiedono l’autografo. Allorché accompagna un’amica presso un costoso salone di bellezza, il titolare si offre di tagliarle i capelli gratuitamente. Ogni giorno riceve al suo indirizzo dozzine di mazzi di fiori da altrettanti ammiratori stregati dal suo fascino. Quest’inarrivabile bellezza è però anche la sua dannazione. Quando un giovane sconosciuto che l’ama segretamente da lontano s’intrufola a casa sua e la stupra, per Eun-young inizia un’inarrestabile spirale di follia e autolesionismo. La dannazione della bellezza la seguirà fino e oltre la morte…
Recensione Film:
La bellezza è un destino”, così dice una donna un tempo attraente ma ora imbruttita da un inopinato ingrassamento alla protagonista di Beautiful, Eun-young. In questa frase è racchiusa la vera natura di un racconto, la cui assurdità e implausibilità sono manifeste. Ma come in molti film di Kim Ki-duk, che ha suggerito l’idea originale per quest’opera prima del suo assistente Jeon Jae-hong e l’ha anche prodotta, è probabilmente sbagliato pretendere un’adesione al realismo e alla coerenza tanto logica quanto psicologica dal racconto di Beautiful. La natura del film è, in fondo, quella di metafora, se non forse addirittura di dimostrazione di un teorema. In quanto dimostrazione, il racconto di Beautiful spinge infatti agli estremi le sue premesse. Eun-young è la personificazione della bellezza e niente più: nulla c’è dato sapere di cosa faccia per mantenersi, se abbia una famiglia, di come spenda le sue giornate. Lei è solo, unicamente, bella. Cosa ingenera però questa bellezza assoluta nei maschi che la circondano? Desiderio e concupiscenza, declinati in casi che vanno dall’ossessione ammorbante sino alla mera aggressione carnale. In definitiva, Beautiful pare dirci che l’essenza della bellezza non può che essere distruttiva e autodistruttiva: la storia di Eun-young è una rivisitazione a tinte forti del mito di Narciso, dove sessualità e violenza divengono binomio inscindibile. Nemmeno l’amore può averla vinta. Ma del resto si tratta poi di vero amore? Si può davvero amare una bellezza che è meramente esteriore, ma del tutto vuota?