Biografia
Il regista Na Hong-jin ha affascinato critici e pubblico con i mondi cinematografici audaci e distintivi che ha creato in “The Wailing” (2016), “The Yellow Sea” (2010) e “The Chaser” (2008). I suoi film immergono gli spettatori in narrazioni innovative, portate in vita attraverso una regia meticolosamente precisa. In particolare, “The Wailing” (2016) si erge come un’opera fondamentale nella carriera del regista, esplorando il profondo tema della fede esistenziale attraverso una narrazione assolutamente imprevedibile. Il film ha incantato il pubblico e ricevuto consensi globali, stabilendo un nuovo standard per il genere occulto. Na Hong-jin ha anche dimostrato le sue capacità come produttore, collaborando con la Thailandia per il film horror “The Medium” (2021). Questo esperimento innovativo nel cinema di genere ha ottenuto un notevole successo, mostrando ulteriormente la sua capacità di espandere i confini del cinema, continuando a sviluppare progetti diversificati in più generi. Attualmente, il cineasta Na Hong-jin è in fase di post-produzione con il suo prossimo progetto, “Hope”, che promette un’altra storia unica e affascinante. Il film ha già attirato l’attenzione grazie a un cast stellare, tra cui Hwang Jung-min, Jo In-sung, Hoyeon, Michael Fassbender e Alicia Vikander. Le opere del regista hanno costantemente raggiunto sia il successo commerciale che il plauso artistico. Attraverso narrazioni ingannevolmente semplici, riesce magistralmente a trascinare il pubblico in intricate reti di pensiero, consolidando la sua reputazione di narratore esperto. La sua capacità senza pari di portare queste storie sullo schermo garantisce che il pubblico attenda con impazienza quale nuova direzione prenderà il suo viaggio creativo.
Presentazione Critica
Tra i molti registi della New Wave coreana, Na Hong-jin ha conquistato pubblico e critica grazie ad uno stile riconoscibile, una scrittura encomiabile e ad un modo di narrare unico ed originale.
Sin da "The Chaser", suo esordio del 2008, sono evidenti le capacità del regista nel descrivere un mondo desolato, dove l'umanità sembra soccombere sotto il peso delle colpe e della mancanza di fiducia nel prossimo.
Il protagonista della pellicola è Eom Joong-ho, un ex-poliziotto dal carattere rude, sempre in cerca di soldi, che ha scelto di divenire il protettore di un gruppo di prostitute che però iniziano misteriosamente a scomparire senza lasciare traccia.
Eom, convinto di essere stato tradito dalle sue donne, comincia una ricerca che lo porterà a scoprire un efferato serial killer, Ji Young-min, che si rivelerà, nel momento in cui verrà catturato, subdolo ed abile nel manipolare le forze dell'ordine. Partirà quindi una corsa solitaria di Joong-ho per salvare l'ultima prostituta scomparsa, Mi-jin.
Grande successo di pubblico (nonostante la mancanza di vere star, una produzione dal basso budget ed un regista esordiente), il film ha una trama all'apparenza semplice che nasconde invece una profondità nella narrazione che ha ben pochi eguali nel genere grazie ad un ribaltamento dei ruoli e delle azioni (non più la ricerca dell'assassino ma il tempo come nemico), che permettono al regista di creare personaggi sfaccettati, dove il bene ed il male si confondono in un mondo dove le donne sono vittime (in)consapevoli di chi le vuole sfruttare o di chi le vuole addirittura eliminare.
Un thriller atipico, dove la violenza esplode con freddezza ed eleganza grazie ad una messa in scena visionaria che riesce ad inserire nella narrazione momenti di ironia mai slegati e sempre coerenti con lo sviluppo dei personaggi, senza scalfire la forza drammaturgica dell'insieme.
Perfetto nel ruolo del protagonista Kim Yoon-soek, così come è eccellente la prova del giovane Ha Jung-woo, due facce che non si dimenticano facilmente, per un film formidabile, mai artificioso sia nel creare tensione, orrore, repulsione che sul piano tecnico, con una fotografia meravigliosa che ancora di più ci trasporta dentro un mondo che ha il suo unico bagliore di luce nella piccola Eun-ji, figlia di Mi-jin (un'ottima Seo Young-hee), che riesce a tirare fuori Joong-ho dal suo torpore.
Passano due anni prima che "The Yellow Sea", il nuovo film di Na, approdi nelle sale e con il successo inaspettato della sua opera prima riesce a portare nel 2011 la nuova pellicola a Cannes nella sezione Un Certain Regard dove ha subito un grande successo.
Con un budget triplicato, ma con gli stessi attori come protagonisti (che si scambiano i ruoli), il regista porta sullo schermo la storia di Gu-nam, un tassista di origine coreana, ovvero uno joseonjok, che vive a Yanji, nella prefettura autonoma di Yanbian (situata tra Russia, Cina e Corea del Nord), dove la criminalità è a livelli esorbitanti.
Schiacciato dai debiti per la dipendenza dal gioco e per aver mandato la moglie a lavorare in Corea del Sud, accetta di uccidere un uomo in cambio di denaro, grazie alla proposta di Myun Jung-hak, un malavitoso del luogo.
Gu-nam, per compiere il delitto e cercare la moglie, è costretto ad andare in Corea del Sud attraversando illegalmente il mare giallo, solo che le cose non andranno come previsto ed il nostro protagonista si troverà in mezzo ad una lotta tra gang che lo porterà ad essere ricercato anche dalla polizia.
Il film inizia come un viaggio in una terra di nessuno, dove ogni strada, ogni angolo, sembrano usciti da un film post-apocalittico, non c'è segno di speranza alcuna ed ogni regola della convivenza viene scardinata dal totale abbandono morale e fisico degli abitanti.
Notevole la messa in scena, con una macchina da presa a mano che riesce grazie anche ad una fotografia magistrale, a raccontarci queste strade devastate con uno sguardo attento ma mai cinico. Quando poi la narrazione si sposta in Corea del Sud il regista si avventura in momenti di pura azione, con inseguimenti e combattimenti tesi e pieni di ritmo che ci porteranno sempre più all'interno del carattere del nostro anti-eroe, un uomo schivo e pieno di fragilità che andrà a sbattere contro il furore del crudelissimo Myun Jung-hak dal quale partiranno le sequenze più violente.
Come per l'opera precedente, Na riesce a ribaltare una storia classica noir in una corsa contro il tempo, che porterà a fiumi di sangue attraverso un'idea di montaggio eccellente che ci sposta con forza in un mondo dove non esistono più regole e dove solo i soldi sono i veri padroni.
Notevole la prova di tutti gli attori, che risultano sempre credibili, ed eccellente la lettura socio-politica, complessa e mai ostentata, per una pellicola che ci trascina nel fondo dell'animo umano così come vengono trascinati in fondo al mare giallo i cadaveri di chi non riuscirà a raggiungere la riva.
Nel 2016, dopo una lunga lavorazione, esce il nuovo lavoro di Na, "Goksung", che sin da subito dimostra ancora una volta la forza espressiva e narrativa dell'autore.
Folk-horror che narra la storia di Jong-goo, un ufficiale della polizia locale della cittadina del titolo del film, che indaga su una serie di misteriosi e violenti omicidi, iniziati con l'arrivo nel paese di un uomo giapponese, e che sembrano collegati tra loro da un contagio di origine sovrannaturale.
Quando anche la figlia del protagonista, Hyo-jin, viene infettata inizierà un incubo senza fine.
Incredibile commistione di generi in un'opera che riesce ad unire la commedia, il thriller, l'horror attraverso uno sguardo critico verso le istituzioni, grazie ad una sceneggiatura di ferro, che viene messa in scena in modo perfetto attraverso una fotografia che ci trasporta in un universo da favola nera, dove ogni scelta sembra essere sempre sbagliata e dove ogni religione non ha alcun potere verso il Male.
Nella parte di Jong-goo abbiamo un Kwak Do-won maestoso, così come Jun Kunimura nel difficile ruolo de il giapponese, per un film che vive anche delle sue scenografie naturali, di una musica eccellente, della perfezione di ogni dettaglio e di una caratterizzazione di tutti i personaggi secondari sempre adeguata e mai sciatta.
Indimenticabile la sequenza dell'esorcismo sciamanico, spettacolare e tesa allo stesso tempo, così come il finale sospeso, dove la mancanza di fiducia o l'eccesso della stessa sarà fatale.
Un film capace di sfondare il muro del genere (senza mai rinnegarlo) per raccontare una storia costruita in modo elegante che immerge lo spettatore in una discesa verso la paura più atavica che non può essere dimenticata, così come non può essere dimenticata dai nostri protagonisti l'occupazione (sanguinaria) giapponese dei territori coreani iniziata nel 1910 e terminata nel 1945.
Attendendo il suo nuovo lavoro "Hope"(nel cast spazio anche a star internazionali come Michael Fassbender e Alicia Vikander) non si può altro che concludere che Na Hong-jin è uno dei maggiori autori degli ultimi 20 anni, grazie ad una tecnica impeccabile ed alle sue tematiche audaci che ci immergono in un mondo “nuovo”.
- Federico Frusciante