Biografia
Nato a Busan nel 1976 si diploma alla Kyoungsung University in teatro e cinema.
Il debutto nel film “Once Upon a Time in High School” (2004) segna l’inizio di una carriera, comprensiva di più di 50 film, caratterizzata delle più coraggiose e differenti performance.
Nel 2014 Cho Jin-woong è tra i protagonisti del film di Kim Seong-hun, presentato, al 67esimo Festival di Cannes, A Hard Day” per il quale si aggiudica in patria 5 riconoscimenti come miglior attore non protagonista.
Il ruolo del terribile Uncle Kouzuki in “The Handmaiden” (2016) di Park Chan-wook segna una svolta definitiva nella sua consacrazione come uno dei più rappresentativi interpreti del cinema coreano contemporaneo.
Il 2017 è l’anno di due importanti ruoli da assoluto protagonista: un uomo, solo all’apparenza comune, nel thriller psicologico “Bluebeard” (2017) e il ritratto di un eroe della nazione con “Man of Will”.
“The Spy Gone North” (2018), oltre ad essere il terzo film a cui ha preso parte presentato al Festival di Cannes, rinnova la collaborazione con Yoon Jong-bin che lo aveva precedentemente diretto in “Nameless Gangster” e “Kundo: Age of the Rampant”.
Il 2019 si chiude per Cho Jin-woong con tre ruoli da protagonista in altrettanti film di diverso genere: “Man of Men”, commedia dolceamara sull’amicizia fra un gangster e un avvocato disabile, il thriller ambientato nel mondo dell’alta finanza “Black Money” e “Me and Me” un noir dagli imprevedibili risvolti psicologici.
Presentazione Critica
Cannes, maggio 2016: il cast di “The Handmaiden” di Park Chan-wook, presentato quell’anno in concorso, è allineato per il rituale photocall. Cho Jin-woong, che nel film interpreta il ruolo di Uncle Kouzuki, il ricco erotomane che tiene prigioniera la nipote nella sua villa nel periodo dell’occupazione giapponese, sorride ai fotografi mentre uno speaker lo introduce al pubblico del festival europeo: «Un attore con un formidabile numero di film al suo attivo, spesso impegnato in ruoli da cattivo». Una presentazione essenziale dettata dalla concitazione del momento, sulla quale però vale la pena di soffermarsi. Nel 2016, anno della anteprima a Cannes del film di Park Chan-wook, l’interprete coreano appena quarantenne può vantare la partecipazione a ben 30 film e più di 10 ruoli in drama televisivi di successo, oltre ad una impressionante quantità di premi vinti in festival cinematografici asiatici per diverse interpretazioni. E, venendo alla seconda affermazione, è effettivamente vero che le sue interpretazioni più iconiche, non ultima quella in “The Handmaiden”, lo vedano nei panni di cattivo, di villain. Proprio a Cannes solo due anni prima veniva infatti presentato, ottenendo un grande consenso nella sezione Quinzaine des Realisateurs, “A Hard Day” di Kim Sung-hoon, formidabile film poliziesco dai risvolti tragicomici in cui Cho Jin-woong è un implacabile poliziotto corrotto. L’espressione serafica, il volto pacifico e la rassicurante aria da uomo tranquillo sono fattori determinanti nella impeccabile resa di un villain capace di una escalation di violenza inimmaginabile.
Il Tenente Park Chang-min di “A Hard Day” e lo zio Kouzuki di “The Handmaiden” sono ruoli che segnano un punto di svolta nella carriera di Cho Jin-woong; vero e proprio zenit del suo impegno nel ritrarre individui subdoli e capaci di crudeltà sia fisica che psicologica, saranno seguiti da una massiccia serie di recenti interpretazioni che lo vedranno sempre più al centro della storia e orientato verso una maggiore umanità. Nel 2017 arriva infatti il ruolo da protagonista di un personaggio storico come Kim Chang-soo in “Man of Will”, il patriota che all’inizio del XX secolo riuscì a scampare a una condanna a morte per divenire l’ultimo presidente del governo provvisorio della repubblica di Corea. Al centro di un suntuoso affresco storico, che è anche un ben congegnato dramma carcerario, il compito di Cho Jin-woong è quello di impersonare il volto stesso della resilienza e dell’umanità, costruendo una figura eroica e imponente, mantenendo, come da sua consuetudine, una perfetta alchimia con chiunque divida la scena con lui. La capacità di creare questo speciale rapporto che, come testimoniato da altri attori in numerose interviste, è un valore aggiunto per chi lavori al suo fianco, si riscontra perfettamente anche nel noir “Believer” (2018). Particolarmente interessante in questa pellicola, che è il remake di “Drug War” di Johnnie To, la contrapposizione dialettica e fisica fra il suo personaggio, il determinato Detective Won-Ho, e quello del passivo ma enigmatico giovane collaboratore di giustizia Rak (Ryoo Joon-yeol): tanto il primo è limpido nelle sue intenzioni quanto il secondo è guardingo e poco comunicativo (al punto di trovare in due fratelli sordomuti raffinatori di droga i suoi interlocutori ideali).
Tra le ultime interpretazioni di Cho Jin-woong vi sono due pellicole che ne hanno valorizzato particolarmente l’umanità e l’umorismo oltre alla capacità, con la sua sola presenza, di dare un preciso indirizzo alle storie. In “Black Money” (2019), il più recente fondamentale lavoro del Maestro Chung Ji-young sull’universo della corruzione finanziaria, è il procuratore Yang Min-hyuk. Uomo ruvido nei modi, ma dalla grande sensibilità, egli rappresenta la necessità di conservare dei valori morali e di portare alla luce la verità in un mondo ove la cupidigia e la menzogna dilagano (particolarmente emozionate il monologo finale trasudante rabbia e frustrazione urlato nel microfono di una conferenza stampa). Il piccolo delinquente Young-ki di “Man of Men” invece ha cercato talmente tanto di adattarsi all’ambiente della malavita organizzata di Busan, da aver quasi dimenticato di essere, in fondo, un uomo buono e semplice. È l’incontro con il suo esatto opposto, ovvero un uomo di successo come Jang-soo giunto prematuramente alla fine dei sui giorni, a far riaffiorare in Young-ki la voglia e la speranza di una vita diversa.
Sarà particolarmente interessante osservare le scelte che opererà nell’immediato futuro Cho Jin-woong nella sua carriera e che tipo di ruoli gli saranno affidati nell’epoca della sua piena maturità artistica.