Synopsis:
Sophie e il marito coreano-americano Andrew formano una benestante coppia borghese. La loro unione è però minata dalla di lui probabile sterilità. Le pressioni della famiglia di Andrew affinché i due procreino lo portano a tentare il suicidio. Sophie prende allora una decisione estrema: assolda un immigrato illegale, Ji-ha, per farsi mettere incinta, pagandolo 300 dollari a prestazione e promettendo un bonus di 30.000 ad avvenuto ingravidamento. Sarà però impossibile per i due mantenere il rapporto a livello unicamente mercenario…
Film Review:
Never Forever è il primo lungometraggio tradizionalmente narrativo diretto da Gina Kim. Qualche anno fa, l’autrice s’era già guadagnata una certa reputazione nel circuito dei festival dividendo pubblico e critica con un paio di film debitori d’influssi dal cinema d’avanguardia, Gina Kim’s video diary (2003) e Invisible light (2003). Di questi lavori, in Never Forever si ritrova l’attenzione per il travaglio e i conflitti ingenerati in una psiche femminile dalle costrizioni della società. Il personaggio di Sophie è, in effetti, una sorta di corpo estraneo, con i suoi capelli biondi e i suoi occhi azzurri, agli incontri di preghiera della famiglia coreana di Andrew. Il suo disagio e la sua crescente instabilità psicologica sono resi con grande intensità da Vera Farmiga che, in tutta la prima parte del film pare sempre tesa come una corda di violino, pronta a spezzarsi. Invece è Andrew che, inaspettatamente, crolla. Sophie, che si rivela più intraprendente di quanto si sarebbe sospettato, cerca allora di salvare il proprio matrimonio e il proprio marito, scegliendo però una strada che la conduce ad una progressiva presa di coscienza: e se quel marito, quel matrimonio, quella vita non fossero davvero così perfetti come sembrano? Gina Kim affronta di petto i molti elementi in gioco in Never Forever: l’ipocrisia borghese dell’istituzione familiare, il desiderio di maternità, tra imposizione e propensione sincera, la problematicità delle relazioni, anche sessuali, tra razze e culture diverse. Il risultato è un film ‘a tesi’; certo, programmaticamente provocatorio, ma di notevole intensità.