Synopsis:
Da un celebre romanzo di Hwang Seok-young. Dopo sedici anni e otto mesi di reclusione, Hyun-woo viene rilasciato. Attivista socialista che prese parte alla sollevazione di Gwangju, Hyun-soo era stato falsamente incriminato d’essere un collaborazionista della Corea del Nord. Il ritorno alla vita di tutti i giorni si rivela traumatico, soprattutto quando la madre gli rivela che Han Yoonhee è morta di cancro. I ricordi riaffiorano e cominciano a inondare i pensieri dell’uomo.A seguito del massacro di Kwangju nel 1980,Hyun-woo e altri attivisti che s’opponevano alla dittatura del Generale Chun Doo-hyun si diedero alla macchia.Professoressa di disegno,Yoon-hee fornì copertura a Hyun-woo per diversi mesi, ospitandolo in un casolare isolato, mentre tra i due sbocciava un tenero amore senza speranza. Hyun-woo infatti sentiva il dovere di lasciare l’eremo e recarsi a Seoul, nonostante il rischio d’essere catturato; proprio dopo il suo arresto,Yoon-hee scopriva d’essere incinta…
Film Review:
Im Sang-soo ama senza dubbio i progetti arrischiati.” The Old Garden” si presenta come pellicola più confortevole rispetto alla precedente “The President’s Last Bang” in quanto perfettamente inscritta nei paradigmi di genere del melodramma; tanto più che la struttura a scatole cinesi, che stratifica un passato in cui albergano le radici di sofferenza e rimpianto presenti, risulta ampiamente usata e abusata dai mélo strappalacrime coreani da un decennio a questa parte. Il tratto a rischio di “The Old Garden” è però il suo côté storico-politico che sembra dirci di un Im che pure quando vuole o deve concedersi una pausa o parentesi dalla controversia, non resiste all’istinto di appropriarsi di temi o situazioni intrinsecamente non concilianti.” The Old Garden” è il primo film che Im realizza da un’idea originale non propria, in quanto adattamento di un noto romanzo dello scrittore Hwang Seok-young; inevitabilmente, nella scelta di questo racconto e di questo scrittore, Im fa suo a livello pre-testuale un bagaglio esperienziale ben noto al pubblico coreano. Scrittore schierato contro il regime dittatoriale, Hwang passò molti anni in esilio e in seguito scontò cinque anni di prigione per una visita non autorizzata in Corea del Nord. Nel raccontare la generazione dei giovani attivisti che nel 1980 si mobilitarono a Gwangju - teatro del massacro ritenuto trauma fondante della coscienza politica della Corea contemporanea (definito spesso, in un usteron proteron che la dice lunga sulla nostra prensione della storia non-occidentale, la “Tiananmen coreana”), Im edifica un ponte di consonanza ideologica e di spirito che serve meglio ad illuminare il presente in cui egli stesso si trova ad operare. L’allure romantica e nostalgica dei febbrili tempi della lotta e della vita in latitanza evidenzia per contrasto la vacuità delle fredde superfici di un presente dove imperano la rimozione e l’appagamento consumista-capitalista. In tal senso, l’agnizione finale, nella sua natura manifestamente privata, ha un retrogusto amaro: che testimone passa la generazione di Gwangju a quella presente? Dobbiamo davvero credere (o sperare) che Yoon-hee non segua più Hyunsoo? Interrogativi strazianti che stritolano mente e cuore ben oltre i titoli di coda…